Il 21 maggio scorso a Bologna è successo qualcosa: per la prima volta in Italia una manifestazione trans femminista queer totalmente auto-organizzata è strabordata per le strade. La Popola delle terre storte ha rovesciato sulle strade della capitale del pinkwashing fiumi di glitter, parrucche, corpi fuori norma, colori, performance, slogan non omologati, contenuti e pratiche nuove nel dibattito sull’autogestione di spazi, corpi, desideri.
In un momento in cui ci si aspetta che froce lelle e trans* se ne stiano buone buone a ringraziare per le briciole di riconoscimento che sono state loro graziosamente concesse in questo paese brutalmente omofobo, abbiamo deciso di rompere la normalità di una città vetrina che si proclama “gay friendly” mentre sgombera le froce che si auto-rganizzano ed occupano (insieme a tutt* coloro che si autorganizzano per rispondere a impellenti bisogni sociali), per gridare con tutta la favolosità di cui siamo capaci che le briciole non ci bastano, vogliamo tutta la pasticceria.
L’onda di corpi e voci che è straripata a Bologna il 21 maggio scorso ha reso visibile un movimento transfemministalellofrocio autonomo che sta crescendo in ogni dove. Un movimento che parla di relazioni di intimità e cura oltre la coppia monogamica e della loro politicità mentre la legge Cirinnà sancisce un modello di affettività normativo e privatizzato (ma rigorosamente senza figli), un movimento che pratica la riappropriazione, frocizzazione e risessualizzazione dello spazio pubblico come luogo della lotta e di creazione di nuovi immaginari mentre il neoliberismo spinge froce, lelle e trans* a rifugiarsi nel privato e nei locali e nei ghetti del consumo (per chi se li può permettere) e a produrre profitti per le aziende che spruzzano un po’ di rosa e arcobaleno su un mare di sfruttamento e precarietà.
Un movimento che afferma che non abbiamo nessuna intenzione di ringraziare le aziende “friendly” che praticano un po’ di diversity management a buon mercato: sappiamo bene che mettono a profitto la nostra favolosità e i nostri bisogni provando a fidelizzarci per sfruttare noi come tutt* sempre di più e sempre meglio; un movimento che non domanda leggi e protezioni contro le discriminazioni in un mercato del lavoro ormai completamente precarizzato, ma lotta per mettere fine al ricatto del lavoro; un movimento che rifiuta la strumentalizzazione della violenza di genere e dell’omolesbotransfobia per mostrificare i/le migrant* e sponsorizzare politiche razziste e islamofobe, che rifiuta di prestarsi alla celebrazione della “civiltà” di un’Europa che pratica deportazioni e respingimenti di massa, un movimento che vuole distruggere le frontiere tra i territori e i generi.
Un movimento che invece di limitarsi a difendere dallo smantellamento e dalla privatizzazione un welfare che non ha mai contemplato fino in fondo i nostri bisogni, costruisce laboratori politici per espandere e trasformare l’esistente: non vogliamo essere utenti paganti e normalizzati, nè vittime da mettere sotto tutela, per questo costruiamo in ogni dove consultorie queer reinventando i nostri corpi, i nostri generi e la nostra salute.
Tutta questa ricchezza è scesa in strada il 21 maggio a Bologna, aprendo un campo di intersezione tra le lotte sociali, portando in piazza i movimenti contro le frontiere, quelli di lotta per la casa e tant* altr*, traducendo in pratiche performative e comunicative la complessità delle nostre pratiche politiche e dei nostri posizionamenti.
Non tutto è andato per il meglio… non possiamo festeggiare la liberazione di un nuovo spazio trans femminista queer auto-organizzato, c’è ancora tanto da fare per costruire pratiche orizzontali di piazza che siano all’altezza delle sfide che abbiamo davanti dell’aumentato livello di repressione e soprattutto del venir meno della mediazione politica fra dissenso e forza bruta dei tutori dell’ordine, dobbiamo continuare a costruire stili della militanza, dell’occupazione e della resistenza che ci corrispondano pienamente. Ma abbiamo sempre saputo che alla vuota retorica della vittoria preferiamo l’arte queer del fallimento..
La giornata del 21 maggio – frutto di una costruzione orizzontale fatta di incontri, fisici e virtuali, di singol* e collettivi di tutta Italia ma non solo – ci lascia la soddisfazione per aver fatto un primo passo di danza, il mal di piedi per aver messo per la prima volta scarpe col tacco vertiginose e fantastiche, la bocca che freme dalla voglia di parlare, la testa che scotta continuando a immaginare mille modi per declinare un movimento (e un mondo) tranfemministalellofrocio.
Per questo vogliamo incontrarci di nuovo. Per questo invitiamo tutte tutti e tuttU il 3 luglio a Roma allo spazio delle Cagne Sciolte per continuare a cospirare insieme..
Nell’assemblea che immaginiamo vorremmo anche costruire insieme la prossima campeggia queer (qui le info su quella dell’anno scorso). Una campeggia nella quale vorremmo prenderci lo spazio e il tempo per discutere delle mille idee che abbiamo e di quelle che ci verranno insieme, nella quale vogliamo continuare a immaginare insieme le pratiche politiche che ci vogliamo dare nel futuro, nella nostra militanza quotidiana e nei momenti di piazza… e nella quale vogliamo prenderci l’agio di stare insieme, di queerizzare le spiagge, di sguazzare sul bagnasciuga.
Vogliamo continuare a venire ovunque… per cominciare veniamo il 3 luglio a Roma!