Report/contributo dello spazio Asterischi alla sedimentazione del lavoro della campeggia 2017
Nella campeggia 2017 si sono tenute due riunioni non miste del gruppo asterischi (persone trans*, non binary, in questionamento e altro), e un workshop aperto a tutt* preparato da asterischi, privo di titolo (…) e descritto nel programma in questo modo:
De-genderizzare le pratiche sessuali, decentrarsi dalla genitalità, risignificare/sessualizzare in modo sovversivo le varie parti dei nostri corpi, scoprire nuovi modi di usarle: qualcosa da cui possiamo trarre godimento tutti/e/u e tette, e non solo le persone trans/non binarie/in questionamento…
In questo documento non “reportiamo” integralmente il workshop nè tantomento le riunioni non mista di asterischi, ma gli aspetti emersi sia dal ws che dalle riunioni asterischi che ci sembrano contribuire e potersi intrecciare meglio con tutta la riflessione delle due giornate su salute corpi consultorie della campeggia 2017 e portare a ulteriori sviluppi.
Asterischi, cos’è
Nato spontaneamente alla campeggia del 2016, non è un gruppo ma uno spazio in cui persone che non si identificano con il genere assegnato alla nascita – trans*, non binary, persone in questionamento – possono confrontarsi a partire dalla propria esperienza vissuta. Per questo gli incontri di asterischi sono “separati” (non misti), ma ciò che determina chi può o non può stare in quello spazio non è un’identità già costituita, bensì il fatto di avere e volere mettere in gioco un qualche tipo di esperienza di disidentificazione dal genere assegnato alla nascita, in modo che ci si possa confrontare alla pari, in uno spazio in cui tutt* si mettono in gioco allo stesso livello con il proprio vissuto.
Questa esperienza di disidentificazione, comunque, non assumiamo che debba essere per forza solo di sofferenza, di disagio nei panni del genere assegnato; il piacere nei panni del genere o dei generi di elezione ci sembra altrettanto importante e deve avere lo stesso spazio e legittimità di espressione: euforia di genere! Questo punto ci sembra importante visto che oggi sul piano medico e legale ma anche nella cultura corrente eterosessuale e spesso anche nel sentire diffuso delle stesse comunità lgbt e queer la persona trans riceve il bollino di “ver@ trans” in nome della sua sofferenza.
Un workshop a cura di asterischi, perché
Uno degli obiettivi del workshop – che forse abbiamo raggiunto forse no, ma di certo abbiamo raggiunto altri obiettivi inaspettati, come sempre accade – era riflettere criticamente sulla costruzione dei tutti i generi, anche quelli cis, o comunque sulla costruzione dei generi delle persone presenti al workshop, quindi non in astratto ma a partire da sé e da chi c’è. Inoltre, volevamo riflettere criticamente su come le nostre pratiche sessuali siano ancora molto incardinate sul binarismo di genere, e iniziare a costruire insieme culture sessuali alternative anche da questo punto di vista.
Il lavoro di costruzione del proprio genere per le persone trans* è molto evidente proprio perché questo lavoro non è dato per scontato e non è considerato qualcosa di “naturale”. Idem la sessualità. Nell’esperienza delle persone trans, è facile rendersi conto che si tratta di un lavoro, di una (ri)produzione senza originale, e rendersi conto della dimensione 1) tecnologica e 2) collettiva di questo lavoro. Non è un lavoro che avviene solo in una dimensione psicologica individuale e intima, all’interno della persona. [vedi https://sommovimentonazioanale.noblogs.org/post/2014/07/18/social-strike-gender-strike/ sul lavoro del genere e il genere come lavoro]
Per questo ci sembra che il sapere delle persone transgender, non binary, in questionamento ecc. possa essere uno strumento utile per facilitare la riflessione critica sulla costruzione dei generi tutti e della sessualità di tutt*.
Non è un ws su l’esperienza trans* ma un ws in cui alcuni saperi o una certa consapevolezza che nasce dall’esperienza trans viene messa a disposizione per un lavoro politico che interessa tutt*.
Tra(n)slando questo su un piano più generale, non vogliamo assolutamente che “le questioni trans” diventino una specie di aggiunta, una sorta di “tematica” in più nel lavoro politico che stiamo portando avanti come sommovimento, ma piuttosto un punto di vista che arricchisce e attraversa tutto il lavoro che facciamo e su tutti i temi che affrontiamo.
Segnaliamo che vorremmo perfezionare il ws alla luce di ciò che ha più o meno funzionato alla campeggia e riproporlo nella consultoria transfemminista queer di Bologna e forse a Roma.
Le consultorie
Il workshop proposto da asterischi faceva parte delle due giornate della campeggia dedicate alle consultorie trasfemministe queer e al neomutualismo. Diciamo quindi due parole sulle consultorie.
L’idea delle consultorie transfemministe nasce nella prima campeggia, nel 2013.
Creare dei posti, dei luoghi politici e se possibile fisici in cui occuparci della ns salute, dei nostri corpi a partire dal piacere dal desiderio e dalla possibilità di trasformarli individualmente e collettivamente, e non a partire dalla malattia e dalla necessità di ripristinare la capacità di andare a lavorare come avviene (quando va bene!) nei servizi sanitari tradizionali.
Volevamo fare questo trasversalmente ai generi e agli orientamenti sessuali – non siamo una minoranza che si organizza il suo servizio di self help , e vogliamo scopaginare la divisione in popolazioni target ciascuna con i suoi bisogni presunti e costruiti dall’alto dal management sanitario (donne-contraccezione, gay-mts, trans-psichiatra+chirurgia di riassegnazione).
Non vogliamo sostituirci al sistema sanitario pubblico ma sperimentare nuove pratiche far emergere nuovi bisogni ponendoci in conflitto e in dialogo con le istituzioni pubbliche – proprio come i consultori femministi autogestiti degli anni ‘70 facevano gli aborti ma chiedevano anche la depenalizzazione dell’aborto
Nelle consultorie i saperi provenienti da vari ambiti, da varie discipline e dall’esperienza diretta dei soggetti hanno pari legittimità, il sapere scientifico non è considerato di livello superiore né neutro (ma neanche demonizzato, piuttosto appunto riappropriato in questo modo). [<intreccio con il tavolo Produzione autonoma di saperi]
Sono state aperte consultorie transfemministe a Bologna, Padova, Perugia, Pisa, in occupazione o meno.
Una riflessione sulla pratica di fare il giro di presentazioni in cui si dice nome e pronome preferito a inizio assemblea
– Non si tratta di un trattamento speciale necessario ai bisogni di una minoranza (le persone trans) ma di un esercizio di posizionamento per tuttu, che vuole appunto denaturalizzare il genere, anche quello delle persone cis; è un esercizio per smontare l’abitudine che se ho un aspetto femminile e non do indicazioni in contrario allora “è ovvio”, “è naturale” che voglio che si usi il femminile per rivolgersi a me.
– E’ una pratica su cui come persone trans*, non binary o in questionamento appartenenti al SomMovimento ci interroghiamo e su cui abbiamo anche qualche perplessità. Vorremmo quindi che fosse considerata una pratica in divenire e non un protocollo.
Se gli obiettivi politici sono:
– denaturalizzare i generi cis (=denaturalizzare la corrispondenza fra una certa anatomia e un certo genere)
– riconoscere i generi trans*
– riconoscere e promuovere la possibilità di autodeterminare il proprio genere
– riconoscere il fatto che esistono più di due generi, costruire una cultura dei generi non binaria
allora ricordiamoci che il genere grammaticale* non è l’unico modo di riconoscere il genere di una persona e forse nemmeno il principale. Ci sono mille modi in cui in un’interazione si può dare o non dare riconoscimento al genere dell’altra persona, al di là della vocale finale delle parole!
Dal punto di vista dell’ultimo obiettivo (costruire una cultura dei generi non binaria), è chiaro che il fatto che i generi grammaticali sono solo due già dimostra che questa pratica linguistica è comunque insufficiente e parziale e non va sacralizzata.
Nel fare il giro dei nomi e dei generi, suggeriamo anche di non viversela come se il genere che dichiari stasera poi ci rimani inchiodat@ per tutta la campeggia, altrimenti diventa una pratica che forza le persone a “dichiararsi” (dichiararsi maschio, dichiararsi femmina, o dichiararsi trans, dichiararsi cis).
Abbiamo parlato di genere grammaticale e non di pronome perché in lingua italiana è rilevante il genere grammaticale di aggettivi e participi (dove sei stata vs. stato, stai attento vs. attenta ecc) molto più che il pronome (lui/lei – he/she). Parlare di pronome ci sembra un’importazione un po’ acritica dal mondo anglofono, in cui sono pochi i sostantivi declinati rispetto al genere mentre i pronomi (“he” / “she”) non possono essere omessi e quindi compaiono in abbondanza nel discorso.
Continuiamo a interrogarci su come sfuggire al binarismo linguistico, una riflessione che abbiamo aperto come spazio asterischi, ma è una questione di cui vorremmo non se ne occuppassero solo le persone trans*.
Un problema politico o personale?
Se una persona trans*, non binaria, in questionamento o altro dichiara un disagio/apre un conflitto/pone un problema e segnala che un certo discorso, comportamento, gesto, atteggiamento di un singol@ o dell’assemblea gli fa problema, si tratta di un problema POLITICO, non personale.
Non riconoscere o mettere in secondo piano l’aspetto politico e ingigantire quello interindividuale, tipo “oddio ti ho ferito quanto mi dispiace quanto mi sento in colpa” aggrava il problema (per inciso, aggrava sia il problema politico che quello interpersonale perchéci mette in una posizione di vittime, per uscire dalla quale, paradossalmente, dobbiamo metterci a fare lavoro di cura del senso di colpa di chi ci ha ferito o pensa di averci ferito).