Nella giornata dedicata alle pratiche della consultoria ha avuto luogo un laboratorio di autoinchiesta (guarda questo post per sapere di più). Questa pratica è stata portata avanti secondo le modalità già sperimentate dalla consultoria di Bologna, a partire da domande su diversi temi che si intersecano con i filoni di riflessione e azione della stessa Consultoria: salute, corpo, benessere, autodeterminazione, precarietà, genere e sessualità.
L’obiettivo era quello di attivare una riflessione a partire da sé, ma allo stesso tempo collettiva, capace di individuare le problematiche relative ai temi di cui sopra, al fine di coalizzare bisogni e desideri individuali in un processo collettivo di autorganizzazione per soddisfarli – sia attraverso la stessa pratica dell’autoinchiesta come meccanismo di soggettivazione politica, sia attraverso la riproduzione della consultoria come nuova “infrastruttura” di autodeterminazione e autogestione, sia attraverso la possibilità di organizzare in modo collettivo rivendicazioni e lotte per la costruzione e ridefinizione della salute come benessere sociale.
L’autoinchiesta si è divisa in tre fasi1:
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prime due domande/risposte (su bigliettini anonimi): “Che cos’è la salute?” “Che cos’è il corpo?”, come tentativo di costruire e sintonizzarsi su un vocabolario comune su queste due macro-questioni – una mappa preliminare attraverso cui poterci orientare per le questioni successive.
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seconde due domande/risposte (su bigliettini anonimi): sulla base di questa sorta di linguaggio comune – o comunque avendo presente la visione dellu altru presentu in base anche ai risultati di precedenti autoinchieste – rispondere alla due domande: “Come metteresti o non metteresti in relazione i termini ‘corpo’ ‘autodeterminazione’ ‘controllo’?” e “Quali sono gli ostacoli all’accesso/perseguimento/mantenimento della tua salute?”.
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A partire dalle risposte alle domande disegnare una mappatura delle questioni emerse, evidenziando filoni comuni e divergenze tematiche, e intavolare una riflessione collettiva a riguardo.
Mappatura delle risposte, restituzione e riflessioni
Domanda 1:
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salute è ciò che si definisce nella sua assenza
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salute come condizione psico-fisica ed emotiva (si evidenzia la sua dimensione processuale, legata ad un equilibrio tra questi piani, e da ricercarsi nella relazione con altru o più in generale nel rapporto interno/esterno)
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salute come discorso normativo e di controllo
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salute come dimesione legata alle condizioni materiali
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salute come autoaccettazione/cura/autodeterminazione/soddisfazione bisogni e piaceri
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salute come dimensione collettiva, benessere sociale.
Domanda 2:
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il corpo come veicolo, superficie, interfaccia, punto di convergenza tra il soggetto e l’esterno/gli altru;
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il corpo come dispositivo di controllo e strumento di lotta, espressione e autodeterminazione;
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il corpo nel binomio piacere/dolore;
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il corpo come elemento biologico vs. costruzione delle mente/culturale
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il corpo come dimensione intima, identitaria e soggettiva;
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il corpo tra dimensione statica vs. processo di trasformazione.
Domanda 3:
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in generale, il rapporto tra i tre termini è stato individuato nel conflitto tra autodeterminazione (come autocontrollo e soddisfacimento dei propri bisogni e piaceri) e controllo (nel senso di controllo esercitato dall’esterno su di noi, meccanismo di normalizzazione) lungo la stessa superficie del corpo (binomio già emerso in domanda 2). Questa opposizione si costruisce lungo un’altra categoria: il controllo infatti è individuato come un meccanismo che parte dall’esterno (verso il corpo), come espressione della normalizzazione sociale; mentre l’autodeterminazione è spesso identificata come un processo individuale, avulso da dinamiche sociali e collettive, in qualche modo “genuino” e autentico.
Ciò ha portato ad una riflessione critica sul concetto di “autodeterminazione”, a dispetto dell’abitudine di attribuire ad “autodeterminazione” un valore indiscutibilmente positivo, specie se contrapposta a “ controllo” (il controllo esercitato dall’esterno sui nostri corpi). Difatti, come emerso dalla discussione, il termine autodeterminazione, letto in questo modo, rischia di essere interpretato e agito ideologicamante come processo e pratica individualista (di per sé ideologica perché mito del discorso e del controllo neoliberale). In altre parole, se da un lato l’autodeterminazione è/deve essere concepita come pratica trans-femminista e in qualche modo orizzonte ideale verso il quale tendere contro la sovradeterminazione del controllo sociale, d’altra parte se diventa un atto individualista rischia di di farci perdere di vista il fatto che la nostra soggettività è sempre inserita in una cornice culturale e sociale più ampia, e non sfociare in una soggettivazione politica ma piuttosto alimentare il mito neoliberale dell’autorealizzazione individuale (in questi termini è anche giusto interrogarsi sul privilegio sociale dell’utodeterminazione). Si contraddice così il paradigma materiale e sociale (intersezionalità dei piani) e la pratica collettiva (intersezionalità delle lotte) che caratterizzano lo stesso transfemminismo. Per questo motivo, è emersa la proposta di risignificare un concetto storico per il femminismo, cercando una riattualizzazione in relazione alle nuove dinamiche del controllo sociale – spostando l’accento dalla dimensione individualistica a quella collettiva2.
Domanda 4:
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eterocisnormatività obbligatoria: binarismo (del sistema) sanitario e patologizzazione delle soggettività lgbqti su piani diversi;
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condizioni materiali: soldi, tempo, precarietà, tagli al welfare (vengono evidenziati gli effetti sul corpo dell’organizzazione economica-sociale all’interno del quale è inserito lo stesso sistema sanitario);
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famiglia/Stato/Chiesa: leggi familistiche, patriarcato, convergenza tra neoliberismo e neofondamentalismo.
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educazione/informazione/formazione: mancanza di saperi orizzontali e autoprodotti (paura di chiedere aiuto, di confronto sull’intimità)
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spazi e reti che mancano
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collocazione geografica e ambientale
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pressione sociale legata alla performatività e al merito
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me stessu: limiti, vizi, assenza consapevolezza, ostacoli interiorizzati
in generale, dalla discussione dopo la lettura delle risposte, è emerso come per alcunu l’ostacolo è riconducibile alla sfera sociale e materiale, mentre per altru è riconducibile ad una colpa/limite individuale. Questo contrasto riflette in parte una divergenza già emersa da domanda 1 e da domanda 3.
1 L’autoinchiesta è comunque un processo e una pratica in divenire, che comprende la redazione di questo stesso report e le riflessioni e le pratiche collettive che ne potranno conseguire.
2 O forse recuperando il significato che aveva all’inizio, prima che il discorso neoliberale se ne appropriasse: autodeterminazione collettiva, lottare insieme per recuperare il controllo sui nostri corpi, non ciascuna da sola sul suo corpo (non per niente il titolo del famoso libro era Our bodies, ourselves e non My body, myself).